Go To Top

Umberto Prencipe 1885Nasce a Napoli il 14 luglio 1879 da Gaetano Prencipe, direttore di case penali, e Amalia Joele, entrambi napoletani, ma viene denunciato allo stato civile il giorno 16. Fino all’età di sedici anni segue con la famiglia il padre nei suoi frequenti trasferimenti – Capraia, Reggio Calabria, Campobasso, Volterra, Pozzuoli, Roma, Lucca e Nisida – vivendo sempre all’interno degli istituti di pena. Il contatto con il mondo carcerario ha un peso determinante nel rendere la sua natura malinconica e introversa.

Nel 1895 si stabilisce a Roma e due anni più tardi fa ingresso all’Accademia di belle arti per seguire i corsi di Dario Querci e Giuseppe Cellini. Nel 1899 diviene membro dell’Associazione artistica internazionale e, nel contempo, frequenta lo studio del pittore russo Claudio Stepanoff. Lasciata nel 1900 l’Accademia di belle arti, stabilisce il suo studio sulla via Cassia. Matura la decisione di dedicarsi esclusivamente al paesaggio, ricercando in esso corrispondenze con il proprio mondo interiore. Contemporaneamente frequenta l’Accademia del nudo gestita dall’Associazione artistica internazionale. Nel 1903 sposta lo studio in via Margutta. Nel 1904 esordisce alla mostra romana degli Amatori e Cultori con il dipinto Ore solenni (attualmente disperso) raffigurante un angolo solitario del Parco dei Daini di villa Borghese, che suscita l’interesse della critica e viene incluso negli acquisti reali. Nello stesso anno visita per la prima volta Orvieto e trascorre un periodo a Narni, dove il muro di cinta del convento di San Girolamo gli offre lo spunto per il quadro Clausura. L’opera, realizzata in studio attraverso la mediazione della memoria, afferma una concezione simbolista del paesaggio attraverso un linguaggio fondato sull’essenzialità compositiva e cromatica che permette di conferire al muro, emblema della chiusura nel soggettivo, il massimo potere evocativo. Esposto agli Amatori e Cultori del 1905, il dipinto attira le attenzioni del pubblico e degli artisti romani (Balla, Boccioni, Severini) e viene acquistato dalla Galleria nazionale d’arte moderna.

Umberto Prencipe 1903Nel marzo del 1905 si trasferisce a Orvieto, dove rimane fino al 1910 dedicandosi soprattutto all’incisione. Si apre una stagione particolarmente feconda in cui Prencipe, in sintonia con le teorie sul paesaggio-stato d’animo e gli indirizzi della letteratura del tempo, soprattutto franco belga, elabora una sua particolare forma di simbolismo crepuscolare, dalla natura spiccatamente esistenziale. Immersa nella nebbia, nella notte o nel crepuscolo, spesso trasfigurata in termini irreali, “la città del silenzio” diviene emblema di una condizione di estraniamento e solitudine.

Costante è in questi anni la sua partecipazione alle mostre degli Amatori e Cultori di Roma e dell’Associazione degli artisti italiani di Firenze, mentre nel 1906 presenta il trittico Empirismo, attualmente smembrato (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna; Viareggio, collezione privata) all’Esposizione internazionale di Milano. Parallelamente la critica inizia a occuparsi di lui in forma più ampia, e nel febbraio 1909 un prestigioso riconoscimento è segnato dal lungo articolo di Federico Hermanin su “Zeitschrift fur Bildende Kunst”, in cui viene annoverato come uno dei più promettenti artisti del momento.

Dal gennaio 1910 fino al giugno dell’anno seguente soggiorna a Roma, dove insieme a Vittorio Grassi realizza vedute da disegni antichi per la mostra retrospettiva di topografia romana a Castel Sant’Angelo, allestita nell’ambito delle manifestazioni per l’Esposizione internazionale del 1911.

Il secondo decennio del secolo è caratterizzato da riconoscimenti ad ampio raggio: la critica (L. Antonelli, 1913; Q. Risso, 1914) lo indica tra i migliori acquafortisti, è invitato a esposizioni internazionali (Barcellona 1910, Amsterdam 1912, Biennale di Venezia 1912 e 1914) e come incisore viene premiato nel 1912 con la medaglia d’argento della Società di belle arti di Firenze e nel 1914 con la medaglia vermeil alla I Esposizione internazionale della grafica di Lipsia. Espone, inoltre, nel 1913 e 1914 alle mostre della Secessione romana, di cui fa parte del comitato promotore, e nel 1912 alla Mostra giovanile nazionale di belle arti di Napoli. Allestisce personali a Roma (Lyceum, 1912; Circolo Artistico, 1913) e a Firenze (Lyceum, 1914). Dal 1910 è membro dell'Associazione italiana acquafortisti e incisori. Nel contempo, il simbolismo delle visioni orvietane inizia a cedere il passo ad ampi brani di paesaggio naturale, in cui recupera l’eredità della pittura dell'Ottocento reinterpretandola sugli echi del cèzannismo e delle accensioni cromatiche della Secessione.

Umberto Prencipe 1929Momento centrale per lo sviluppo della sua ricerca è il trasferimento in Toscana. Nel 1914 tiene per un anno la cattedra di incisione all'Accademia di belle arti di Lucca, e, fino al 1921, alterna la permanenza nella città toscana con soggiorni nella campagna tra la Versilia e la Lucchesia. Attraverso il pittore napoletano Alceste Campriani, direttore dell'Accademia lucchese, riallaccia i legami con le tradizione paesistica partenopea, mentre la frequentazione dell’ambiente artistico di cultura post macchiaiola – è, in particolare, molto amico di Antonio Antony De Witt, Moses Levy e Giuseppe Viner – lo spinge a confrontarsi con maggiore decisione con la sintesi costruttiva di Paul Cézanne e con la tavolozza squillante dell’espressionismo francese. Tra le esposizioni a cui prende parte in questi anni si segnalano la Mostra dell’incisione italiana alla Permanente di Milano, nel 1916 l’Esposizione d’incisione italiana a Londra e la Promotrice di Firenze, nel 1917 la II Mostra d’arte moderna a Forte dei Marmi, mentre nel 1918 tiene una personale a Milano alla Galleria De Conciliis. Pur continuando a esporre nelle rassegne dedicate all'incisione, dal 1917 smette di realizzare rami per dedicarsi esclusivamente alla pittura.

Nel 1921 torna a Orvieto, dove rimane stabilmente cinque anni. Nel 1926 si trasferisce a Roma in via Adige, mantiene tuttavia fino al 1942 lo studio orvietano nel convento di Sant'Anna. A fronte delle correnti che animano l’Italia del ritorno all’ordine assume una linea di moderata modernità e, fedele alla sua “estetica del silenzio”, si avvia autonomamente sulla strada del paesaggismo novecentista. È evidente nella produzione del periodo una strutturazione tonale del colore più ferma e geometrica. Questa maniera si alterna, soprattutto intorno al 1930, a lavori in cui l’elemento emozionale è invece accentuato con sensibilità neoromantica, specie nella serie dei “profili orvietani” e nei paesaggi campani, opere dalle sottili suggestioni atmosferiche non immuni dall’influenza di Giacinto Gigante. La riflessione sulla pittura di Gioacchino Toma ispira invece un gruppo interni in cui rivive la poetica simbolista dell’âme des choses.

Tra le esposizioni di questi anni vanno citate le mostre del Gruppo romano incisori artisti, di cui figura tra i soci fondatori, la Biennale romana (1921, 1923, 1925), la Biennale di Venezia (1924, 1934, 1936), la II Mostra internazionale di arti decorative a Monza (1925), l'Esposizione internazionale per l’incisione moderna a Firenze (1927), la Quadriennale del 1935, il Premio Orvieto (1939), diverse sindacali dell’Umbria e del Lazio e, fino alla fine degli anni Cinquanta, le molte rassegne dedicate all’incisione che la Calcografia organizza in Italia e all’estero. Nel 1927 il dipinto Sole d’inverno (Terni, Amministrazione Provinciale) è premiato al Concorso di pittura dell’Associazione nazionale degli artisti di Firenze, mentre nel 1931 riceve la medaglia d’argento del ministero dell’Educazione nazionale per l’incisione Mattino Romano e per il dipinto Fine d'estate. Frequenti anche le mostre personali: nel 1922 a Roma alla Galleria d’arte di Ugo Jandolo con presentazione Federico Hermanin, nel 1923 a Napoli presso la Compagnia degli Illusi, nel 1924 a Livorno presso la Bottega d’Arte presentato da Roberto Papini, nel 1927 a Milano alla Galleria Pesaro ancora presentato da Papini, nel 1929 a Roma alla Camerata degli Artisti introdotto da Remigio Strinati e a Napoli al Circolo Artistico Politecnico, nel 1931 a Roma a Palazzo Doria, nel 1932 a Livorno alla Bottega d’Arte.

Nel 1932 gli viene assegnata la cattedra di incisione all’Accademia di belle arti di Napoli. Nel 1936 ottiene il trasferimento all’Accademia di Roma, dove insegna fino al 1949. Tra il 1933 e il 1941 incide nuovi rami, che evidenziano nel segno analitico e descrittivo la sintonia con la sobrietà novecentista e razionalista.

Umberto Prencipe negli anni 50Nel 1937 è nominato accademico di San Luca.

Negli anni Quaranta e Cinquanta è prevalentemente attivo a Roma, dove, lontano per scelta dai dibattiti che animano la scena artistica del dopoguerra, continua coerentemente la sua ricerca, scoprendo nella capitale una nuova “città del silenzio”. Le piazze del quartiere Trieste da poco costruito, i tramonti visti dai Parioli o da villa Borghese, sono il soggetto di dipinti spesso vicini, per la scelta di un raffinato tonalismo, alle atmosfere della Scuola romana. Musa ispiratrice privilegiata in questi anni è, tuttavia, villa Lancellotti con il suo giardino, un hortus conclusus silente e straordinariamente suggestivo a pochi passi dalla sua abitazione in via Adige. In questo ritrovato microcosmo del suo universo poetico Prencipe dipingerà opere dal timbro struggente, in cui la pittura si alleggerisce in cromie calde e malinconiche.

Frequenti sono, in questo periodo, anche interni silenziosi e nature morte con frutta, oggetti e libri, da cui traspaiono colti riferimenti al passato. Numerosi sono, inoltre, i paesaggi realizzati nelle località in cui si reca in villeggiatura: Formia, la Toscana, le Dolomiti, Frascati. Proprio con il disegno Vecchie case a Frascati riceve nel 1961 il Premio acquisto per la grafica alla III Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio.

Tra le manifestazioni a cui prende parte nel dopoguerra si citano il Premio Orvieto (1947), a Roma la Mostra d'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia (1953) e la Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio (1958, 1961) e a Napoli la Rassegna delle arti figurative del Mezzogiorno (1953), dove gli viene dedicata una personale. Nel 1950 la Calcografia nazionale ospita una sua personale di incisioni con presentazione di Carlo Alberto Petrucci. Tiene ancora due mostre personali, nel 1952 a Losanna al Teatro Municipale, presentato da Federico Hermanin, e nel 1955 a Napoli alla Galleria Medea.

Nel 1946 entra a far parte della Pontificia accademia dei virtuosi al Pantheon e dell’Accademia dei pittori di Madrid e diviene accademico di merito residente dell'Accademia di San Luca. Nel 1957 il ministero della Pubblica istruzione gli conferisce la medaglia d'oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.

Muore a Roma il 22 gennaio 1962.

Cassa di Risparmio di Orvieto

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookies policy.